Con la Legge n. 49/2023 è stato previsto che debba essere garantito ai professionisti un compenso equo, ossia un compenso proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione e che sia conforme ai decreti ministeriali di riferimento per la professione specifica.
La legge pone tuttavia dei vincoli applicativi in quanto le disposizioni inerenti all’equo compenso si applicano solo nei confronti dei committenti ritenuti “forti” che vengono individuati dalla legge nella Pubblica Amministrazione, nelle banche, nelle assicurazioni e nelle imprese con più di 50 dipendenti o con più di 10 milioni di euro di fatturato.
La legge pone dunque una presunzione di equità del compenso se questo risulta proporzionato rispetto a:
- quantità e qualità del lavoro svolto;
- contenuto e caratteristiche della prestazione professionale;
- compensi previsti dalla disciplina ministeriale.
Si specifica che la legge trova applicazione sia per le professioni ordinistiche che per quelle che non hanno ancora un ordine professionale di riferimento.
Qualora nel contratto stipulato con il professionista vi siano clausole che violino le disposizioni di legge, queste sono affette da nullità; sono nulle anche le clausole che impongono la rinuncia al rimborso delle spese, che prevedano pagamenti superiori ai 60 giorni, che vietino gli acconti ecc.
In caso di violazione i professionisti potranno impugnare il contratto, gli esiti delle gare, gli affidamenti e più genericamente tutti gli atti che prevedano un compenso non equo.
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