Recentemente la Cassazione si è espressa circa la responsabilità dei membri del cda, privi di mandati specifici, per reati commessi da altri componenti.
Il fatto da cui trae origine la pronuncia è il seguente. Il Tribunale del riesame confermava il sequestro effettuato ai danni di un soggetto, indagato in qualità di componente del Consiglio di Amministrazione di una società cooperativa. Il soggetto era indagato per i reati previsti dall’art. 2 (dichiarazione fraudolente mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) e 8 (emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) del d.lgs. 74/2000.
Proponeva ricorso in Cassazione l’indagato lamentando di essere stato ritenuto “responsabile” (limitatamente alla misura cautelare) solamente in forza della posizione che rivestiva nella società.
La Cassazione rigetta il ricorso in quanto i membri del consiglio di amministrazione senza deleghe rispondono in solido del reato tributario compiuto da altri componenti, e la loro responsabilità non si fonda sulla posizione che rivestono bensì sull’omessa vigilanza della gestione societaria.
Sul punto è molto chiaro quanto previsto dall’articolo 2392 del codice civile secondo il quale gli amministratori rispondono in solido verso la Spa dei danni che derivano dall’inosservanza dei doveri loro imposti dalla legge o dallo statuto, a meno che non si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o delegate a uno o più di loro.
È necessario quindi valutare caso per caso se il cda operi con deleghe o senza deleghe; se i membri del Cda non hanno deleghe, ciascuno degli amministratori risponde del reato tributario realizzato dai singoli componenti, sempre che ci sia la violazione dolosa dell’obbligo di controllare la gestione della società.
Ad Formandum
