Sebbene il Modello di organizzazione e il Documento di valutazione dei rischi siano due documenti autonomi e distinti, è innegabile che essi abbiano delle aree di intersezione l’uno con l’altro.
Le convergenze sono individuabili nelle modalità e nelle tecniche di valutazione dei rischi da adottare nella redazione di entrambi i documenti nonché nell’obiettivo finale di evitare pregiudizi per i lavoratori e per le aziende.
Innanzitutto, vi è un richiamo espresso al mog all’interno del tusl, l’art. 30 infatti stabilisce i requisiti minimi che il modello di organizzazione deve avere affinché l’efficacia esimente possa riversarsi anche nella materia della salute e sicurezza sul lavoro. Il requisito minimo richiesto è che il mog sia adottato ed efficacemente attuato “assicurando un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi”.
È inoltre necessario che, come previsto dal terzo comma dell’art. 30 d.lgs. 81/2008, il modello preveda un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, gestione e controllo del rischio sempre avuto riguardo alla natura e al tipo di attività esercitata.
Per assicurare l’efficacia delle regole che la stessa azienda si è data è inoltre indispensabile che questa crei un apparato disciplinare adeguato a sanzionare il mancato rispetto delle misure. Tale apparato sanzionatorio dovrà ovviamente essere oggetto di adeguata pubblicità.
Infine, a segnalare un altro caso si interferenza legislativamente esplicita tra mog e dvr, si evidenzia il contenuto dell’art. 30 quarto comma il quale prevede l’obbligo di riesame e modifica del modello organizzativo qualora emergano violazioni significative delle norme in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene sul lavoro.
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